Il problema dei sempre più consistenti flussi migratori costituisce a livello europeo un tema complesso e ampiamente dibattuto, la cui soluzione non appare più procrastinabile.
Infatti, la crescente, massiccia presenza di immigrati impone ormai l'adozione di adeguate misure politico-legislative per la regolamentazione dell'accesso. Interventi decisi, non dettati da situazioni di emergenza, ma razionali ed efficaci che, nel rispetto delle esigenze del paese ospitante oltre che di quelle degli immigrati, superino in modo equilibrato e sistematico sia discorsi troppo spesso retorici su una sorta di solidarietà incondizionata e miope sia atteggiamenti di chiusura preconcetta ed egoistica.
In tale ambito il volume, che ripercorre la storia delle migrazioni in Europa nelle loro molteplici motivazioni e implicazioni, nel sottolineare l'esigenza di norme ordinate in un sistema esplicito di diritti e di doveri, indispensabile per una adeguata e responsabile gestione dei flussi migratori e per la realizzazione di una politica di integrazione non discriminatoria, rispettosa dell'identità culturale degli immigrati, fornisce interessanti elementi di riflessione, alcuni dei quali più condivisibili di altri, presentandosi come un autorevole contributo, ricco di articolate, utili considerazioni.
L'autore, che rifiuta, come premette nell'introduzione, una "impostazione troppo meccanicistica" del fenomeno dei movimenti migratori, che li fa risalire a fattori quantitativi e demografici, sottolineandone piuttosto gli aspetti di natura psicologico-politica, ricostruisce le fasi dei flussi migratori in Europa dopo la seconda guerra mondiale ed esamina con attenzione i fattori che influenzano le tendenze migratorie. Viene posto, in particolare, l'accento sulle caratteristiche distintive delle immigrazioni "dall'est, dai paesi della miseria e della disperazione post-comunista", rispetto a quelle delle immigrazioni dal sud del mondo, in quanto "fenomeni sostanzialmente dissimili", con conseguenze sociali e internazionali diverse. E se le prime sono definite come spostamenti che hanno luogo nello spazio, da un luogo all'altro, "espediente provvisorio che consente di attraversare un periodo di transizione per lo stesso paese nel suo insieme, dai disastri economici e ambientali del socialismo, all'abbondanza miracolisticamente attesa grazie alle supposte virtù del capitalismo", le seconde sono considerate spostamenti che si svolgono nel tempo, "abbandono di società irrimediabilmente diverse per entrare nella modernità, sommariamente identificata come la condizione dell'abbondanza dei beni materiali", aventi un carattere di irreversibilità rispetto alle prime.
Per Sacco è da considerarsi "di cruciale importanza la comprensione della differenza tra fenomeni migratori e afflusso di grandi masse di rifugiati", poiché diverse sono le conseguenze ai fini della sicurezza nazionale dei paesi d'accoglienza: il problema dei rifugiati è relativo al "loro inserimento sociale e politico", quello degli immigrati è "caratterizzato soprattutto da fatti quantitativi".
L'analisi dei fenomeni che si verificano nei paesi di origine sia sotto il profilo demografico che socio-politico, consente di comprendere meglio la "pressione immigratoria cui sono sottoposte le frontiere dei paesi più ricchi", ma appare evidente che una per una comprensione globale sia necessario anche uno studio particolarmente approfondito dei fenomeni che si producono nei paesi di destinazione soprattutto come essi si collochino nella dinamica politico-sociale della società che li accoglie. Sembra, pertanto, ineludibile che in tutta l'Europa occidentale, si trovi una "risposta flessibile al problema posto dalle migrazioni provenienti dal sud e dall'est" e contemporaneamente si accolga "una concezione nuova e più aperta della ‘nazione', e della lealtà culturale e politica che ad essa è dovuta dai singoli uomini e donne che vi si riconoscono".
Per quanto attiene alla sicurezza nazionale del paese di accoglienza e della sua stessa identità , una particolare attenzione viene riservata al fenomeno della peste comunitaria:" nascita di comunità ripiegate su se stesse , attaccate a valori assoluti spesso contrastanti e che tendono a isolare l'individuo dalla società di accoglienza e ad impedirne l'assimilazione proteggendone il suo diritto alla diversità".
Indicati alcuni criteri di misurazione del grado di flessibilità o di rigidità dei modelli di gestione dei flussi di forza lavoro, e prospettati i problemi di varia natura derivanti dalla scelta di una risposta flessibile o rigida alla pressione immigratoria, viene giudicata positivamente la scelta di una politica che crei per l'immigrato le condizioni perché "egli continui a fornire il proprio contributo di lavoro e di iniziativa al paese di destinazione senza per questo sradicarsi da quello d' origine, e senza trasformare in motivi di disadattamento e di conflitto in Europa quelle caratteristiche culturali e quei codici etici che nel paese d'origine sono le radici della sua integrazione sociale".
In appendice, un articolo di Giuseppe Sacco sulla politica francese in tema di immigrazione, apparso sulla rivista francese ‘Commentaire' nell'autunno del ‘93, la risposta polemica di Michel Massenet, che critica l'impostazione ‘politica' del problema scelta dallo studioso italiano e la controreplica dell'autore.
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